Generalmente il rapporto suocera/genero, non è mai facile, specie se, come nel mio caso, ci si mette anche la propria madre a rompere le uova nel paniere. Le due donne, amiche da sempre, hanno sempre interferito nella vita mia e di mia moglie Anna. Fin da piccoli, io e lei ci siamo coalizzati per arginare le loro continue invadenze nella vita di tutti i giorni, e poi, da grandi, anche da sposati, hanno continuato a rompere. La nostra storia è da sempre caratterizzata dalla guerra nei loro confronti. Giulia, mia suocera, è una bella donna, alta un metro e settantacinque, quarta abbondante di seno, occhi e capelli neri, labbra carnose, culo alto e sodo. Veste sempre in maniera sobria: gonne lunghe sotto il ginocchio, maglioni che nascondono le forme, scarpe con tacchi alti, al massimo, cinque centimetri. Guai mostrarsi in pubblico in atteggiamenti lascivi o teneri, mai baciarsi davanti alla gente perché sconveniente, per lei l’immagine è tutto. Mia madre è la sua copia esatta, con l’aggiunta che ha sposato mio padre, solo perché incinta del suo datore di lavoro e questo l’ho scoperto dopo tanto tempo. Mio padre, buon’anima, morto dieci anni fa, era succube di mia madre. Mio suocero, la persona più tranquilla della terra, una persona dalla forma fisica minuta, basso, calvo, due occhialini che gli conferivano un’aria mite, tranquilla e, senza che lei se ne accorgesse, era diventato, col tempo, nostro alleato e complice: purtroppo ci ha lasciato due anni fa. Anna è decisamente diversa: forse è dovuto alla continua invadenza della madre che ci ha permesso di legare da sempre. Insieme abbiamo sempre fatto tutto quello che loro ci proibivano e, col tempo, da fidanzati, anche tanto e sano sesso; ovviamente a lei abbiamo fatto credere che siamo arrivati illibati al matrimonio. Da sposati le cose sono cambiate un poco. Abitiamo in una villetta, ovviamente nelle vicinanze delle paterne abitazioni, ma non abbiamo dato loro la chiave di casa nostra: almeno quando siamo soli in casa, possiamo fare tutto quello che vogliamo, come stare nudi, vestici come ci pare e scopare in ogni luogo. Dopo un periodo quasi calmo, dove la domanda più ricorrente era quando ci donate un figlio, cosa che al momento nemmeno ci passa per la mente, il lavoro ci ha quasi divisi. Anna, è stata trasferita in una filiale della banca, sita in una zona nuova nelle vicinanze di un grosso centro commerciale, posto dall’altra parte della città.
La cosa, in sé e per sé, non è brutta, anzi, ma il problema è che, per andare o tornare, bisogna assolutamente percorrere la tangenziale e questo si rivela poco comodo: ci vuole circa un’ora e mezza ogni volta, anche se si percorrono pochi chilometri. Circa due settimane fa, mi chiama quando stavo per uscire dall’ufficio.
«Amore, mi faresti un piacere? Ho promesso a mamma che sarei andata a prenderla per accompagnarla a fare la spesa, ma sono bloccata in tangenziale, dove c’è un grosso incidente e proprio non so a che ora torno; tu ci puoi arrivare in pochi minuti, ti prego, fammi questo piacere, che poi questa sera, a letto, ti ringrazio per il sacrificio».
È quanto mi dice, con una vocina implorante e languida che me lo fa rizzare al solo pensiero di come si sdebiterà. Sono scocciato dal dover accompagnare la suocera al super mercato: sognavo di tornare a casa mia, dove, con il freddo che fa, mi sarei fatto un bel bagno caldo e ristoratore. In cinque minuti, sono davanti casa della suocera, ma c’è una baraonda di vetture parcheggiate dovunque; deve esserci una festa, dall’altro lato del rione. Giro quasi tutta la via, finché non mi immetto sulla laterale, che porta dietro la casa della suocera e, solo a circa duecento metri da casa, trovo un parcheggio. Furioso per il freddo e la distanza, m’incammino verso casa sua; decido di passare da dietro, dal garage, dove c’è una porta attraverso la quale si accede alla casa. Quando sono a pochi metri dall’abitazione, vedo una cosa che m’incuriosisce: un tipo, con un cappello, occhiali scuri e sciarpa, che copre quasi tutto il viso, entra furtivo nel piccolo giardino e si dirige verso la porta del garage, che si apre da dentro; lui accede e poi richiude subito. Incuriosito dal comportamento del tipo e, sicuramente, dal fatto che la suocera deve averlo fatto entrare, mi avvicino e, con circospezione, entro, salgo la scala a chiocciola e raggiungo la porta, che so dare direttamente in cucina, ma che, da tempo, mia suocera ha fatto coprire con una tenda per aver meno freddo. Mi avvicino e, da un lembo aperto, sbircio dentro e resto senza fiato: distesa sul tavolo della cucina, c’è mia suocera a cosce aperte con un giovane, che non riconosco subito, inginocchiato davanti che le lecca la figa! Dopo un momento di sbigottimento, mi tiro un po’ indietro, silenzio il cellulare e lo metto in modalità video; mi riavvicino al lembo aperto e incomincio una silenziosa ripresa che, per rendere migliore e più stabile, appoggio l’apparecchio alla parete. La maiala gode e geme in continuazione, mentre incita il maschio a leccarla più intensamente. I gemiti di mia suocera riempiono parzialmente la stanza, in quanto soffocati da una mano che si tiene davanti alla bocca. Gode e cerca di non far molto rumore, ma l’intensità del piacere deve essere elevata, da quanto mugola. Le bianche cosce aperte si tendono, a conferma dell’orgasmo che sta raggiungendo, poi lui smette il cunnilinguo, si alza e impartisce un ordine perentorio, mentre si siede sul tavolo:
«Dai, adesso tocca a te».
Lo vedo e resto ancora più stupito, perché lo riconosco: è il nipote dell’imprenditore che ha costruito il complesso di villette, dove ci troviamo; è sposato con una bella donna, un poco più grande di lui, ma molto ricca e soprattutto tanto, ma tanto gelosa! Lei rapidamente s’inginocchia davanti a lui e comincia a succhiare il cazzo teso e duro di lui. Lo guardo, osservo che non ha una grande dotazione, poi, rispetto al mio, mi sembra proprio piccolo.
Anna, una sera, per gioco, me l’ha misurato, venti centimetri lungo e dieci di circonferenza e, osservando lui, credo che quelle misure vadano dimezzate.
«Dai, vieni su, che ti scopo».
Le ordina sempre con un tono deciso. Lei esegue prontamente. Si appoggia al tavolo con i gomiti, lui da dietro l’infila di colpo. Dopo un gemito di finto dolore, inizia a godere, mentre lui l’afferra per i fianchi e la pompa velocemente. La sbatte e la chiama zoccola e puttana. Rapidamente la scopa, lei eccitata si agita e viene. Lui prontamente si sfila, la fa girare e lei, di nuovo in ginocchio, accoglie in bocca la sua sborra, intimandole di ingoiare tutto. Lei apre le labbra e lui le mette una mano sulla nuca e prende a pomparla in bocca: pochi movimenti e sborra. Lei serra le labbra intorno alla cappella e non ne lascia uscire nemmeno una goccia. Blocco la ripresa e mi allontano silenziosamente, fino all’uscita, poi, passo davanti alla casa e suono il campanello, richiamandola anche a viva voce.
«Signora Giulia. Signora Giulia».
Poco dopo apre la porta, mi guarda un po’ stupita, saluto e spiego la mia presenza, quindi la porto a fare la spesa. Durante tutto il tempo, ho il cazzo durissimo. La guardo con occhi decisamente diversi, mi pregusto il potenziale che la ripresa fatta mi darà. La riporto a casa, torno nella mia e scarico sul portatile le immagini. Sono perfette! Mi eccito come un maiale nel vedere la troia succhiare, telefono ad Anna, che mi dice d’esser ancora bloccata nel traffico. Sembra una cosa lunga, ma mi avvertirà appena si riparte. Quindi prendo il pc e mi reco di nuovo a casa della suocera, che ora so esser sola. Appena entro la vedo cambiata; indossa una classica tuta da ginnastica che usa per stare in casa. Stupita per il mio ritorno, me ne chiede il motivo ed io la guardo: è in piedi, ritta e altera davanti a me, ed io mi scateno.
«Inginocchiati e succhiami il cazzo troia!»
Esordisco guardandola dritto negli occhi. Il suo viso si trasforma in una smorfia di puro furore.
«Brutto bastardo porco che non sei altro, come ti permetti di dirmi certe cose? Ti ha dato di volta il cervello? Sei impazzito?»
Si scatena a sua volta e fa partire un sonoro ceffone con la mano destra, che io blocco al volo.
«Stai zitta e succhia: agli altri sì, a me no? Guarda!»
Mentre trattengo il suo polso destro, costringendola ad inginocchiarsi, avvio il filmato dal pc posto sul tavolo. Noto il suo sguardo impietrito e di colpo si arrende all’evidenza: è in mio potere. Apro i pantaloni e le sbatto in faccia il mio palo durissimo e teso come non mai.
«Accidenti!… Ma sei …Sei… Hai… Un bellissimo…»
Non può aggiungere altro perché le ho già messo una mano sul capo e le spingo il cazzo in bocca. Succhia come un’idrovora. Mi piacerebbe schizzarle in gola, ma mi trattengo. La sollevo di colpo e l’appoggio al tavolo, dove dal pc continuano a scorrere le immagini. La giro e, senza tanti complimenti, le abbasso i pantaloni e appoggio il cazzo nello spacco della fica: è fradicia di umori, un vero lago.
«Vacca troia, sei tutta bagnata, senti in che lago sei ridotta: ora ti sfondo, poi ti spacco anche il culo, troia, ti faccio sentire io un cazzo vero!»
Le parlo senza pudore o rispetto; ora è in mio potere.
«No, ti prego, fai piano, no, il culo no. Sono vergine, mi farai malissimo!»
Lo dice senza nessuna convinzione.
«Sta’ zitta, vacca, troia che non sei altro; non sei in condizioni di opporti a nulla, altrimenti mostro il filmato di te e quel porco, a sua moglie; sai che casino scoppia? Zitta e fammi divertire, altrimenti sono cazzi tuoi!»
La tratto con durezza. Spingo di colpo il cazzo dentro fino in fondo. Sento le pareti dilatarsi e, benché abbondantemente lubrificata, devo riconoscere che è molto stretta, mentre io sono eccitato da morire. Prima urla per un finto dolore, poi mi asseconda ed accoglie il palo tutto dentro, incitandomi a scoparla più forte. Freme dal piacere che prova ed esplode in un orgasmo, appena la cappella sbatte in fondo, sul collo dell’utero. Gode e vibra in continuazione; mi fermo un attimo e poi riprendo a pomparla di brutto. Le assesto dei colpi terribili, che la scuotono tutta. Dopo un iniziale momento di passività, lei comincia a godere come una pazza; mi incita, mi copre di complimenti e mi chiede sempre più cazzo. Gode sconvolta da un nuovo orgasmo. Impazzita di piacere, spinge il corpo indietro, incontro al palo che le devasta l’utero; sento che sto per sborrare pure io, ma voglio completare l’opera di sottomissione: le sfilo il cazzo di colpo e vedo la sua figa ridotta ad una voragine, dilatata al massimo. Appoggio la cappella al buco del culo e, prima che lei se ne renda conto, inizio a spingerle dentro il palo. Mi supplica di non farlo, ma io sono estremamente deciso e le sfondo il culo con un solo affondo.
«Mi spacchi, sei troppo grosso!»
Urla, ma, senza tener conto delle sue proteste, le spingo dentro tutta la verga e, solo quando sento il mio corpo aderire al suo, mi fermo. Con questo gesto, esprimo tutta la rabbia di anni di rotture di palle, di magoni ingoiati, di volte in cui, per quieto vivere, ho dovuto abbassare la testa e dire:
«Sì, signora».
Resto un po’ immobile, poi incomincio a pomparle il culo; lei si lamenta ed io le metto una sua mano davanti.
«Toccati, toccati la figa e vedrai che il dolore passa prima».
Le ordino con un tono che non ammette repliche e lei:
«Ma io non l’ho mai fatto ed ho vergogna».
Ribadisce senza nessuna convinzione, mentre sento la sua mano accarezzare il Clito. Lentamente incomincia a godere anche dietro, proprio a dimostrazione di che razza di troia sia. Sono al limite, sento prepotente l’orgasmo esplodere in me, e, con gli ultimi affondi, la porto al suo primo orgasmo anale. Gode come una vacca, senza più nessun ritegno. Le lascio assaporare il piacere e poi le sfilo il cazzo, la giro e glielo infilo in bocca.
«Bevi, vacca che non sei altro. Bevi e non ne perdere una goccia!»
Le ordino mentre le tengo la testa bloccata e la scopo in bocca.
Sfinita si distende seduta con il capo appoggiato al divano e mi guarda.
«Non dovevi far questo: Anna non lo merita. Io non avrei dovuto scoprire che hai un cazzo come non ne ho mai visti in vita mia, ed ora… come farò a farne a meno? E con che occhi guarderò mia figlia?»
Parla con voce flebile, dubbiosa. Le sollevo il capo, la guardo dritto negli occhi:
«Sta’ zitta, non dire cazzate. Sei una troia e, da questo momento, farai tutto quello che io ti ordino: sarai la mia puttana, ti è ben chiaro questo?»
Dico questo con risolutezza, mentre lei china il capo, rassegnata.
«Ora mi hai in pugno: sarà la tua schiava e farò tutto quello che vorrai, ma, ti prego, non farmi mai mancare il tuo meraviglioso cazzo, è l’unica cosa che ti chiedo, per il resto sarò a tua completa disposizione».
Mentre pronuncia queste parole, si distende ai miei piedi e mi abbraccia le gambe, solleva il capo e la sua bocca è giusta all’altezza delle mie palle, le lecca, le mette in bocca, mi lecca il cazzo ancora turgido, mi sto eccitando di nuovo. La voglio, la sollevo, la metto a cosce aperte sul divano. Mi abbasso e tuffo la mia bocca fra le pieghe della sua vulva ancora aperta e grondante di umori. La lecco, le strappo dei gemiti di puro piacere, mi tiene la testa e mi incita a continuare.
Si agita in preda ad una reale frenesia erotica, mi solleva e mi attira a sé. Appoggio il cazzo di nuovo duro nello spacco della sua gocciolante figa e spingo di nuovo dentro. Ormai aperta e dilatata, si gode per davvero la scopata. Spinge in alto il bacino, venendo incontro al mio corpo, urla e gode come una pazza. Pronuncia parole oscene, mentre è stravolta dal piacere. La sbatto in preda ad una furia ceca. Le assesto dei colpi tremendi, strappo il sopra della tuta e libero i suoi seni. È davvero uno spettacolo vederli sobbalzare verso l’alto ad ogni affondo, poi, dopo l’ennesimo orgasmo, esplodo dentro di lei con una sborrata da “guinness dei primati”. Le ho scaricato dentro, tutto il resto di quanto contenuto nelle mie palle. Trema, gode, poi ha un momento di puro terrore che si manifesta sul suo viso.
«No! … NO!… Ti prego, non dentro; sono ancora fertile, mi potresti ingravidare».
Mi grida in preda ad un terrore totale.
La guardo con estremo sadismo, compiaciuto anche per questa ennesima soddisfazione.
«Non me ne frega un cazzo! Non volevi un nipotino? Allora potrebbe andar bene anche un figlio».
Le replico con durezza. In quel momento suona il telefonino: è Anna che mi annuncia il suo ritorno; esco e la lascio distesa in terra, con la fica e il culo gocciolante.