Mi chiamo Giuseppina, ho 32 anni, sono alta m.1.70, occhi scuri e capelli neri. Un bel seno, una quarta molto tonda e soda, un bel culo armonioso e gambe ben tornite. Da sei sono sposata con Paolo, che è un maschio normalissimo. Di media statura, moro, occhi scuri, della mia stessa età. Ci conosciamo un po’ da sempre. Eravamo insieme alle elementari e, poi, nello stesso gruppo di amici. Siamo stati fidanzati per circa tre anni e poi ci siamo sposati. Siamo una coppia come tante. Ero vergine e lui è stato il mio primo uomo. Devo riconoscere di non esser rimasta troppo soddisfatta dal sesso che faccio con lui. Mi scopa velocemente, una volta a settimana, in genere il sabato sera. Mi tocca un poco, mi sale sopra e mi pompa, poi, all’improvviso, mi viene dentro. Uso la pillola per motivi legati alla regolarizzazione del flusso mestruale, altrimenti sarei rimasta incinta da tempo. A volte è così veloce che nemmeno riesco ad eccitarmi. In quel caso, me ne vado in bagno e mi masturbo fin quando non raggiungo l’orgasmo. È frustrante questa situazione e lui non sembra accorgersene. Viviamo in un piccolo sobborgo di una grande città. Il nostro è un piccolo paesetto arroccato sulla costa di una collina, con una vecchia torre, una bella chiesa, un gruppetto di case, in tutto siamo circa 500 abitanti. Ai piedi del vecchio paese, un costruttore lungimirante ha costruito delle villette a schiera e, in una di queste, ci abito io e mio marito. Ci basta attraversare il fiume che scorre ai piedi della collina ed entrambi raggiungiamo la zona industriale, dove lavoriamo io come segretaria in una ditta di spedizioni e lui in una grande officina che ripara mezzi pesanti. Siamo gente semplice, che vive in maniera semplice, all’interno di un piccolo paese, dove ci si conosce un po’ tutti. Uno dei punti di ritrovo della comunità è la chiesa, dove ogni domenica io e Paolo, assieme ai miei genitori, mamma Rosa e mio padre Enzo, andiamo ad assistere alla messa. Da un anno abbiamo un parroco nuovo. Il vecchio don Giuseppe è andato in pensione e, al suo posto, è arrivato don Giulio, un prete quarantenne che ha passato circa venti anni in Africa, come missionario. Lui si è subito ben inserito nella comunità. Simpatico, disponibilissimo, mite e dall’aspetto tranquillo. Fisicamente non è né imponente, come il precedente parroco, che era un colosso. Lui è di media satura, non troppo grasso, né magro. Ha i capelli corti e bianchi ed il viso è un po’ scavato. Ti parla sempre con voce molto pacata ed ascolta sempre le persone che gli si rivolgono, cui sa dare sempre buoni consigli. È amato anche perché, in ogni occasione, non si sottrae al lavoro. Che si tratti di mietere il grano, raccogliere uva o olive, lui è sempre in mezzo alla sua gente. Personalmente, ho un buon rapporto con lui, anche se, fino a circa dieci giorni fa, non ho sentito il bisogno di confessarmi.
Era una domenica mattina di inizio novembre. Faceva già molto freddo e noi, come ogni domenica eravamo tutti e quattro in chiesa. Paolo e papà parlavano sottovoce di pesca, in attesa della messa. Mamma si era già confessata e io, che avevo una certa inquietudine a causa di una certa cosa che mi era capitata due sere prima e che mi tormentava, ho deciso che dovevo raccontarlo a qualcuno per aver un consiglio. Mi son inginocchiata al confessionale ed ho atteso il mio turno. Mi sentivo inquieta. La mia coscienza non mi lasciava in pace; dovevo confessare il mio peccato. Ho aspettato che lui iniziasse a confessarmi e tutto d’un fiato ho preso a parlare.
«Dimmi figlia mia, cosa ti porta da me?»
«Perdonatemi padre, perché ho peccato. Ho commesso un peccato grave. Ho fatto un errore come moglie, ho guardato un altro uomo e non solo guardato, ma ho infranto la promessa fatta in questa chiesa di amare e rispettare mio marito: l’ho tradito.»
Lui ha fatto un sospiro, poi, con voce pacata, mi ha esortato a narrare la mia colpa.
«Che cosa hai fatto, mia cara, parla, raccontami tutto.»
Ho esitato un attimo. Lui ha rinnovato la sua richiesta a voler sapere la verità.
«Parla, figliola. Liberati la coscienza.»
Ho abbassato lo sguardo ed ho ripercorso con la mente le cose che mi erano successe venerdì sera.
«Stavo tornando dal lavoro quando mi son fermata ad un distributore per mettere benzina. Ero intenta a rifornire la mia vettura e dall’altro lato vi era un tizio che stava rifornendo il proprio camion. Era un bel ragazzo con dei capelli biondi e un bel fisico. Mi ha sorriso, ma io non gli ho dato importanza. Ad un tratto, lui mi ha fatto notare che avevo uno pneumatico forato. Faceva freddo e io non ero in grado di sostituirlo; lui si è offerto di aiutarmi. Ci siamo spostati di lato, nel piazzale del distributore. Lui mi ha detto di salire nella cabina del camion, mentre mi sostituiva la ruota forata. Per farlo ha aperto la portiera del camion, lato passeggero e, quando ho iniziato a salire, la mia gonna stretta mi era d’impedimento, cosi l’ho sollevata un po’ e lui non ha potuto far a meno di ammirare le mie cosce. Mi ha appoggiato una mano sul sedere e mi ha spinto in alto. Sentire quel contatto cosi particolare, mi ha sortito una strana sensazione. Ero quasi eccitata. Salita a bordo, mi son guardata un po’ intorno. Ogni giorno vedo tanti di questi bestioni, ma non vi ero mai salita a bordo e, quindi, sono stata presa da un po’ di curiosità. Tutto era pulitissimo, e quel profumo era molto piacevole. Ho guardato dietro di me ed ho visto che c’era una cuccetta, che una tenda, parzialmente chiusa, lasciava intravedere un calendario dove vi era la foto di una donna bellissima in lingerie, molto fine e molto sexy. Sono rimasta affascinata da quella immagine. Lei era bellissima, ma anche il suo succinto abbigliamento lo era. Calze velate con pizzo alto, reggicalze ed un micro perizoma la rendevano sexy e voluttuosa. Il reggiseno a balconcino aumentava il volume del suo seno tondo e perfetto. Erano tutte cose che non avevo mai indossato, ma che mi affascinavano. Ero così presa da quello che guardava, che non mi son accorta che lui, avendo sostituito la gomma, è risalito e, nell’aprire lo sportello dalla sua parte, mi ha sorpresa ad ammirare quella immagine. Sono arrossita come se fossi stata colta in fragrante, lui mi ha sorriso e si è avvicinato a me, che ero carponi e mi guardava. Non mi toglieva gli occhi di dosso, gli ho sorriso, ma un sorriso innocente e amichevole e lui, allungata una mano, mi ha toccato il seno.
“Tu sei molto più bella!”
Nel carezzarmi il seno, mi ha baciato così velocemente, che son rimasta stupita. Io, padre, non ho opposto resistenza: mi son lasciata baciare. Padre, la mia testa mi diceva di no, ma il mio corpo ha detto sì. Mi ha infilato una mano sotto il maglioncino ed ha liberato il mio seno. L’ho lasciato fare. Capisce, padre? Ho provato come un senso di impotenza. Volevo ciò che stava facendo e questo è terribile! Non ho mai tradito mio marito, ma in quel momento non ero in grado di oppormi: lo volevo e basta! Ha spinto la mia testa facendomi prendere il suo cazzo in bocca ed io l’ho fatto. Era più grosso di quello di mio marito, duro e caldo. Lui ha infilato la sua lingua fra le mie cosce, dopo aver tirato di lato le mutandine ormai fradice, e mi ha leccato divinamente! Mai provato un piacere così forte! Ho goduto senza ritegno. Poi si è disteso e mi ha fatto salire su di lui. Mi son sentita in corpo quella mazza poderosa che mi sconvolgeva. Mi faceva salire e scendere sulla sua nerchia, che mi sfondava la mia micetta con forza. Godevo in continuazione. Non mi era mai capitato di godere così tanto. Con mio marito, tutto dura pochissimo, mentre quel ragazzo sembrava insaziabile. Ero in preda al demone della lussuria, padre; quel cazzo enorme mi faceva perdere la testa. Dopo avermi fatto godere molto, si è sfilato e me lo ha messo davanti alla bocca ed io, padre, l’ho succhiato e baciato e, quando è venuto, ho ingoiato tutto il seme. Ero sconvolta da quanto piacere avevo provato, mentre lui era ancora duro; stavo vivendo qualcosa di impensabile per me. Dopo l’orgasmo, a mio marito gli si ammoscia subito, invece lui era già pronto per un nuovo assalto. Mi ha messo le sue dita nella mia micetta, io stringevo le cosce per resistere, padre, ma quello ha incominciato a leccare le mie tette, ha dato piccoli morsi ai miei capezzoli, ed io non ho opposto alcuna resistenza e, non so come, padre, ma è riuscito ad infilarlo di nuovo dentro di me. Ha preso a muoversi con calma, ma con decisione. Ero così bagnata, padre, che scivolava dentro di me, facendomi sentire tanto piacere. Mi faceva godere ancora e ancora, padre. Era come un dolce supplizio, volevo morire, padre, ma il piacere di esser infilzata da quella nerchia, padre, non mi lasciava ragionare. Ero posseduta dalla lussuria più sfrenata. Ho goduto, padre. Ho goduto come non mai; alla fine è venuto anche lui. Avevo perso la cognizione del tempo e, dopo un’ora, mi ha lasciato andare.
Solo allora mi son resa conto del peccato che avevo commesso. Il rimorso per quello che avevo fatto e provato, mi perseguita ancora ed ora non so come posso guardare mio marito negli occhi: l’ho fatto cornuto!»
Ho sentito un profondo respiro dall’altro lato e poi la voce di don Giulio, mi ha destato dal mio profondo turbamento.
«Cara, quello che hai confessato è molto grave. Per assolverti devo fare una profonda riflessione e penso che ne parlerò con nostro Signore, per trovare una soluzione giusta ai tuoi peccati. Domani sera, quando torni dal lavoro, vieni nel mio ufficio e insieme cercheremo di scoprire la giusta assoluzione. Adesso vai che ho altre confessioni da fare. Recita dieci Avemaria e vai tranquilla ed in pace; vedrai che un rimedio lo troviamo. Che Dio ti benedica.»
Mi son inginocchiata e, dopo aver recitato le preghiere della penitenza, mi sono seduta vicino a mia madre, che mi guardava un po’ incuriosita. Per tutta la durata della messa, ho osservato don Giulio. Un bell’uomo, pacato e serio, molto convincente, specie nella predica, che ci ha fatto riflettere su tante cose. Ero tranquilla sul fatto che la sera dopo avrei trovato la giusta espiazione alla mia mancanza.
La sera dopo, di ritorno dal lavoro, sono andata direttamente dietro la chiesa, dove c’è l’abitazione del prete. Ho bussato e lui mi ha aperto la porta. Mi ha guardato un attimo e io ho puntualizzato chi ero.
«Padre, sono io quella che ha reso “cornuto” il marito.»
Ha sorriso e mi ha fatto accomodare. Siamo entrati un piccolo studio. Mi son seduta e lui si è messo davanti a me, appoggiato alla scrivania, ha messo le mani sul petto, incrociando le dita ed ha preso a parlare solennemente.
«Cara mia, il matrimonio è una cosa sacra, ma è anche qualcosa che tra noi esseri umani ci porta ad aver sempre la benedizione del nostro Signore. Però come esseri umani abbiamo così tante debolezze e il nostro buon Pastore sa che siamo creature imperfette. Ora è molto difficile per me lasciar perdere su questo peccato così grave, perché la tentazione ti ha reso debole e l’assoluzione richiede un’attenta analisi di tutto quello che è avvenuto fra te e quello sconosciuto. Raccontami di nuovo il tuo peccato: ho bisogno di capire ancor meglio per poterti assolvere.»
L’ho guardato fiduciosa e gli ho raccontato del fatto che quando mi mettono le mani sul seno, perdo ogni freno inibitore. In effetti è questo il mio problema.
«Lo sconosciuto se ne è reso conto e così è riuscito a far tutto ciò che voleva con me; ma adesso io sono preoccupata e la mia coscienza non mi lascia in pace. Padre, cosa ne pensa lei?»
Lui mi ha dato una bella occhiata e poi si è spiegato.
«Mia cara, hai un bel paio di tette e con quella camicetta stretta i tuoi capezzoli s’indovinano. Ovvio che suscitano, in chi li guarda, peccaminosi pensieri.»
Mi sono sentita stranita e, nello stesso tempo, lusingata.
«Davvero vi pare che siano belle, Padre? Trovate che ho un bel seno?»
Lui ha annuito ed ha allungato le mani, profondendosi in una carezza che donava conforto a quella mia parte anatomica. L’ho guardato stupita.
«Ma… Padre! Cosa fatte?»
Lui con un tono pacato mi ha espresso il suo pensiero.
«Cara mia, devo capire come reagisci quando il peccato si impossessa di te! É proprio quello che devo ancora capire!»
Ero un po’ eccitata e, nello stesso tempo, curiosa al punto da lasciarlo fare.
«Se è necessario, va bene così: accomodatevi pure e fate tutto ciò che serve per farvi capire.»
Lui si è spostato dietro la sedia dove ero seduta. Con entrambe le mani accarezzava il mio seno sodo e già teso. I miei capezzoli si erano subito induriti. Mi sono sentita eccitata. Lui ha infilato le mani dentro la mia camicetta e toccava le mie tette, senza fermarsi, mentre io ho preso a mugolare come una gatta in calore. Con estrema bravura, mi pizzicava i capezzoli con una mano, mentre l’altra era scivolata sotto la gonna, tra le mie cosce, che non riuscivo a chiudere: accettavo passivamente le sue carezze. Ero talmente presa dal piacere che provavo, da non accorgermi che mi aveva fatto sfilare la camicetta, in pratica ero nuda dalla vita in su e le mie tette erano libere ed esposte, mentre sentivo le sue dita che vagavano sopra le mie mutandine. In un attimo di lucidità, gli ho chiesto se era giusto quello che stavamo facendo.
«Ma… Padre: questo non è un altro peccato?»
Lui mi ha sorriso bonariamente.
«Il peccato sarebbe se non accontentassimo il volere di nostro Signore. Dai, lasciati andare. Siamo deboli e lui capisce. Dopo, assolverà tutti e due e avremo capito come va risolto il tuo problema. Dai, lasciati andare.»
Ho fatto un sospiro e mi son arresa. Lui si è messo in fronte a me, aveva un rigonfiamento considerevole sotto i calzoni. Ho allungato le mani e li ho aperti. Subito è balzato fuori un cazzo di dimensioni celestiali, ancor più grosso e lungo di quello del camionista!
«Brava, adesso prendilo in bocca e succhialo per bene!»
Non ho avuto nessuna esitazione. Ho aperto la bocca e l’ho succhiato avidamente. Lui, intanto, si era allungato verso di me e mi masturbava. Ansimavo e godevo con le sue dita nella mia fica, ormai ridotta ad un lago. Mi ha fatto sollevare e appoggiare alla scrivania dietro di lui. Mi ha fatto distendere su di essa con le cosce alzate. Ero alla giusta altezza per esser penetrata. La mia fica era in linea col suo cazzo. Lui ha appoggiato i miei talloni al suo petto ed ha avvicinato il suo arnese; poi, lentamente, lo ha fatto entrare nella mia ostrica bagnata e pronta. È scivolato tutto dentro di me. Mi son sentita aprire e riempire nello stesso tempo. Mi sembrava di esser di nuovo sverginata da quanto mi dilatava le pareti della vagina, che lo ha accolto con tutta la devozione possibile. Ha preso a pomparmi con un ritmo costante e io ho iniziato a godere a ripetizione. L’ho fissato in viso e gli ho gridato il mio piacere.
«Vengo! Mi state facendo godere! VENGO! E’ BELLISSIMO!»
Venivo a fiumi. La mia fica gocciolava in continuazione, ero scossa da un piacere mai provato in vita mia. Era ancora più intenso di quello provato con il camionista. Mi ha pompato a lungo e fatto godere molto, ma lui non era ancora venuto. Poi mi ha fatto scendere dalla scrivania. Mi ha fatto girare e chinare, distesa con il petto sul piano di quel mobilio. Ho sentito il suo cazzo sbattere sulle mie chiappe, alla ricerca del buco del culo, ma lo ha infilato nella mia fica. Mi ha afferrato per i fianchi e mi sbatteva con forza. Ero in delirio e l’ho incitato.
«Sì, così! Mi sfondate! Più forte! Lo voglio tutto dentro!»
Li mi sbatteva ed ha preso a dirmi cose incredibili che mi hanno eccitato ancor di più.
«Certo che te lo sbatto tutto dentro. Te la sfondo questa fica così stretta. Sei davvero una bella zoccoletta, tutta da godere!»
Sbrodolavo al sentirmi dare della zoccoletta. Ho avuto un ennesimo orgasmo, poi lui si è sfilato di nuovo, lasciandomi in quella posizione; poi ha appoggiato il suo randello al buco del culo. Ho avuto un attimo di terrore nel sentirgli spingere quel cazzo di notevoli dimensioni dentro il mio quasi vergine culetto.
«Piano, vi prego. Son quasi vergine lì! Vi prego, fate piano!»
Lui mi ha detto di rilassarmi e poi, con lenta determinazione, me lo ha piantato tutto nel culo.
«Sì, lo sento! Oddio, che bello!»
A prenderlo nel sedere, mi ha fatto godere di nuovo ancora una volta.
«Ti piace, troia? Ero certo che ti sarebbe piaciuto nel culo!»
Ha preso a sfondarmi il culo con vigore e poi, assodato che quel trattamento mi provocava altri stupendi orgasmi, con un grugnito da vero porco ha scaricato tanta di quella sborra al punto da farmi avvertire il pancino gonfio.
«Eccomi, troia! Te lo riempio come un bignè, questo culo da favola!»
Ero sconvolta da quanto ho goduto, ma anche lui era rimasto come stordito. Si è seduto sul divano lì vicino. Il suo cazzo era ancora duro, non si era ammosciato per niente. Mi ha fatto cenno di avvicinarmi. Mi son seduta vicino a lui, che si è messo a leccarmi le tette. Ho ripreso a mugolare come una cagna in calore. Ho ripreso a godere, quasi non l’avessi fatto fino a quel momento, e lui mi ha fatto impalare su di lui. L’ho sentito fin dentro il ventre! La mia schiena, inarcata dal piacere, mentre saltellavo su e giù sulla nerchia indurita del prete che ancora una volta mi portava all’apice di un ennesimo orgasmo. Sentivo la sua crema colare dal culo sfondato, mentre ora la mia fica la reclamava e lui non si è fatto pregare. Quando le sue mani mi hanno strizzato i capezzoli, sono venuta in maniera squassante.
«Vengo ancora; mi state uccidendo dal piacere: eccomi, adesso, vengo!»
Ero sconvolta e lui mi ha farcito la fica con altri getti del suo piacere, che ho sentito fin dentro lo stomaco.
«Tieni, puttanella! Sei una delle migliori troiette che ho scopato finora! Ti inondo tutta!»
Mi ha riempito davvero la fica con una massiccia dose della sua crema. Siamo rimasti immobili per un po’, poi mi son sollevata e mi sentivo ridotta ad un disastro. Lui mi ha indicato la porta del bagno, dove sono andata a pulirmi. Quando sono tornata, lui si era rivestito. L’ho guardato e ho chiesto:
«Allora, Padre, come la mettiamo con i nostri peccati?»
Lui mi ha sorriso e mi ha detto che era necessario che io mi confessassi ogni lunedì pomeriggio, a casa sua.
Per tutto il mese di novembre ed un po’ di dicembre, ogni lunedì sera mi sono fatta scopare dal prete. Ho scoperto che non ero la sola, ma quella del lunedì. Il mercoledì andava Piera, la figlia della tabaccaia, mia coetanea, mentre il venerdì era il turno di Sonia, la figlia del macellaio. Due giorni prima di Natale, eravamo tutte e tre in chiesa a pulire, assieme alle nostre madri, ed ho notato che vi era una buona armonia fra di noi. Era chiaro che tutte tre sapevamo delle altre che, a turno, ci scopavamo il prete. Non c’era nessuna gelosia, ma solo molta complicità. Il giorno di Natale, dopo pranzo, mentre con mia madre rassettavo la tavola dopo aver consumato il pranzo di Natale, lei mi ha chiesto una cosa che mi ha lasciato alquanto titubante.
«Lo sai che Piera è incinta? Forse anche Sonia lo sarà a breve, me lo ha detto sua madre.»
L’ho guardata, cercando di capire dove voleva andar a parare. Lei mi ha sorriso e, poiché eravamo sole (papà e mio marito erano usciti per andare al bar a fare una partita a carte con i loro amici), lei mi ha guardato in faccia e con la più assoluta tranquillità mi ha spiegato tutto.
«Sono a conoscenza del fatto che anche tu sei una delle tre mogli del prete. Non guardarmi con quella faccia stupita, non c’è nulla di male, anzi lo devi considerare un bel privilegio. Io, la madre di Piera e quella di Sonia, lo siamo state quando vi era don Giuseppe. Lui, a suo tempo, ci ha ingravidato a tutte e tre, ed è per questo che ti chiami Giuseppina. Lui era un vero toro da monta. Ha ingravidato una decina di donne nel paese. Piera e Sonia ti sono sorelle da parte di padre. Piera si è già fatta ingravidare da don Giulio e anche Sonia lo sarà a breve, quindi vorrei sapere tu che aspetti?»
La guardo basita e chiedo maggiori spiegazioni.
«Ma… con papà… come hai fatto? Lui non si è accorto che tu scopavi con il prete? Insomma, voglio dire, sei stata ingravidata dal prete e lui… non ha avuto niente da ridire?»
Mamma ride di gusto.
«Sì, se aspettavo lui, col cavolo che tu nascevi! Lui è sterile! Quando ce ne siamo accorti, è stata la moglie del dottore che mi ha suggerito don Giuseppe.
“Meglio con il prete che con un paesano, che potrebbe sempre sputtanare tuo marito e rendere pubbliche le sue corna! Il prete non parla per tanti motivi e, poi, è un bel toro!”
Così l’ho detto a tuo padre, che ha accettato ogni cosa senza frapporre alcun problema. Alcune volte ha anche assistito alla monta e si segava, mentre Giuseppe mi sfondava! Aveva una bella mazza, come si dice che l’abbia anche Giulio. Mi hanno detto che in Africa ha due o tre figli abbastanza grandi; li ha avviati al sacerdozio e chissà che un giorno non potrebbero esser assegnati a questa parrocchia. Quindi, se non vuoi perder il treno, sbrigati a farti ingravidare anche tu. Con tuo marito non c’è problema; a lui lo fai scopare sempre dopo, tanto non se ne accorge.»
Così ho fatto. La prima a partorire è stata Piera: un bel maschietto. Poi io e Sonia, quasi assieme, due belle femminucce. Adesso sto battezzando il nostro maschietto che chiamerò Giulio, mentre Sonia e Piera, devono ancora partorire: hanno aspettato un po’, per un secondo giro.
Oltre noi tre, ci sono state altre nascite nel piccolo paese e allora don Giulio ha chiesto e ottenuto che fosse creato un piccolo oratorio, per insegnare catechismo a questi giovani che saranno il futuro del nostro paese. Naturalmente io e le altre due mogli, già ci siamo offerte per insegnar loro il catechismo. Fra di noi tre vi è una grande amicizia e tanta complicità. Andiamo molto d’accordo, perché siamo le mogli del prete e questo compito ci spetta di diritto!