Mi chiamo Claudia, ho 37 anni, sono alta 1,70, capelli lunghi e neri, un bel seno, che dopo la gravidanza è diventato di una buona 4ª piena. Ho il culo un po’ grosso ed un po’ di pancetta, cimelio di una gravidanza ormai avvenuta sette anni fa. Sono sposata con Paolo, un bel ragazzone che ha due anni più di me. Mentre io lavoro come impiegata all’ufficio postale vicino casa mia, Paolo è una guardia giurata e, quasi sempre, lavora di notte. Abbiamo una bambina di 7 anni, di nome Lucilla, che è la nostra gioia, ma, essendo solo noi due, senza parenti o amici, a volte, per accudire la bambina, siamo ricorsi all’aiuto di Giuseppe, il nostro vicino di casa. Lo conosciamo da quando, una decina di anni fa, siamo venuti ad abitare in questo palazzo. All’epoca, lui lavorava ancora come ferroviere e, quando sua moglie si ammalò, io, più di una volta, la notte, l’ho assistita, quando lui, per motivi di lavoro, era fuori casa. Questo reciproco scambio di cortesie e favori, ha cementato la nostra amicizia. Ora è da tre anni in pensione ed ha 57 anni; è un bell’uomo, alto, distinto, con i capelli bianchi, sempre molto curato e pulitissimo. È una persona gentilissima, disponibile, che adora nostra figlia. Lui la considera come una sua nipotina, perché l’unico figlio maschio che ha, vive in un’altra città ed è gay. Non ne parla mai volentieri e, sia con me, che con mio marito, il rapporto è sempre molto vivace e confidenziale. Spesso, la domenica, quando mio marito è libero, vanno a pesca insieme, passione che condividono da tanto tempo. Anche con me ha un buon rapporto: mi tratta con rispetto e, soprattutto, con molta ammirazione. Ammetto che, più di una volta, ho avvertito il suo sguardo sul mio corpo e la cosa, anziché infastidirmi, mi ha sempre, in qualche modo, intrigato. Quando era viva sua moglie, spesso la notte, quando le facevo assistenza e lei non aveva voglia di dormire, mi raccontava della loro gioventù, di come erano stati felici insieme e di quanto fosse decisamente porco suo marito a letto. Io, allora, ci scherzavo un po’ su, dicendo che, in fondo, gli uomini erano un po’ tutti uguali. Circa una settimana fa, ha avuto un piccolo banale incidente domestico, il classico dei classici: è caduto, uscendo dalla doccia. Ora si ritrova in ospedale e, non avendo nessuno che lo accudisca, ho deciso di andare a trovarlo. Paolo lavora la notte, quindi il pomeriggio decido di fare un salto e vedere come sta. Appena giunta in ospedale, cerco nel reparto ortopedia ed una simpatica infermiera mi indica la sua camera. Entrata nella stanza, lo vedo con il braccio bloccato dal gesso e attaccato con dei piccoli tiranti per tenerlo sospeso.
«Accidenti! Devi proprio aver fatto un bel capitombolo, per esser ridotto così!»
Lui mi guarda, con aria un po’ triste.
«Mi son rotto la clavicola ed il braccio destro, ed ho parzialmente slogato il polso sinistro. Come vedi, ho entrambe le mani ingessate e ne avrò per un bel po’ di tempo!»
Lo guardo, gli sorrido e cerco di consolarlo; lui, lentamente, si rilassa un po’. Parliamo di mia figlia, del fatto che gli manca e, soprattutto, del problema che ora avrà, una volta che sarà tornato a casa. Mi offro di aiutarlo nel limite del possibile e lui mi ringrazia molto, per la mia disponibilità.
«Sei una donna meravigliosa! Paolo è un ragazzo veramente fortunato ad avere una brava donna come te, al suo fianco. Fin da ora ti ringrazio, anche se capisco che per te sarà un po’ troppo impegnativo, prendersi cura anche di un vecchio malandato come me.»
Lo guardo con occhi piccati e, scherzando, lo rimprovero.
«Non dire sciocchezze! Ci hai dato tante volte una mano tu, quando entrambi eravamo al lavoro e Lucilla aveva bisogno di qualcuno con cui stare, ed ora che, per una volta, posso sdebitarmi un po’, sarà solo un piacere, anche se avrei preferito farlo in circostanze diverse da questa.»
Lui mi guarda un po’ pensieroso, poi mi fa una mezza domanda, che mi lascia un po’ incuriosita.
«Certo, anch’io avrei voluto che certe cose avvenissero in circostanze diverse. Ma tu, come avresti voluto sdebitarti con me?»
Lo guardo per un attimo un po’ smarrita, perché sento una specie di doppio senso nelle sue parole e questo, stranamente, mi incuriosisce un po’.
«Non lo so con precisione. L’unica cosa di cui sono certa è che mi dispiace che tu sia in queste condizioni e, in ogni caso, per qualunque cosa tu avessi bisogno, non farti scrupoli, perché ti assicuro che, per qualunque cosa, mi troverai disponibile!»
Noto che mi guarda un po’ incerto. Ha quasi voglia di chiedermi qualcosa, ma è titubante. Poi mi guarda con occhi imploranti.
«Avrei un piccolo favore da chiederti, perché, come vedi sono talmente bloccato che non riesco a farlo. È una cosa un po’ delicata, quindi, se ti va di aiutarmi, te ne sarò grato, altrimenti, se rifiuti, comprenderò il tuo disagio e non ti chiederò più nulla.»
Io lo guardo e, con fermezza, ribadisco tutta la mia disponibilità. Lui, prende un attimo fiato, poi mi espone la sua richiesta.
«Per prima cosa, va a chiudere la porta: non vorrei che l’infermiera, entrando potesse fraintendere. Poi, dovresti aiutarmi a cambiare le mutande, dal momento che le indosso dal giorno dell’incidente. Ero abituato a sostituirle giornalmente e quelle che ho le indosso ormai da più di tre giorni. Non puoi capire quanto fastidio mi dà. Ti sembrerà una cosa da poco, ma mi sono un po’ vergognato a chiederlo all’infermiera. Naturalmente, come ti ho detto prima, un tuo eventuale rifiuto sarà considerato da me assolutamente più che legittimo.»
Mi alzo dalla sedia, vado verso la porta e la chiudo a chiave. Torno presso di lui e, dopo aver aperto un cassetto, e preso un paio di slip nuovi e puliti, faccio scorrere la coperta del letto, fino ai suoi piedi. Vedo per la prima volta, il suo torace, almeno la parte libera dal gesso, abbastanza muscoloso e la sua pancia per niente prominente, anzi, presenta il ventre abbastanza piatto. Nell’insieme ha una bella muscolatura. I peli sul petto sono bianchi, lentamente afferro l’elastico dei suoi slip, sotto cui noto celarsi qualcosa di voluminoso. Quando abbasso l’indumento, subito salta fuori un arnese non ancora duro, ma di dimensioni esagerate, almeno rispetto a quello di Paolo. Lo guardo un po’ stranita, meravigliata nel vedere quel gioiello non ancora duro, ma già così voluminoso. Sento le farfalle allo stomaco, un fremito percorre tutta la mia spina dorsale e mi fa inumidire le mutandine. Cerco di non fissarlo, facendo lentamente scorrere l’indumento fino in fondo. Sollevando lentamente una gamba per volta, sfilò l’indumento e poi ripeto l’operazione con l’intimo pulito. Mentre risalgo su, non posso far a meno di ammirare quella bestia che sta dando segni di irrequietezza. C’è silenzio fra di noi ed io tengo la testa bassa per non incrociare il suo sguardo, mentre, dentro di me improvvisamente, avverto un forte desiderio di afferrare quella verga e stringerla fra le mani. Senza dir nulla, quando arrivo quasi a ricoprirlo con lo slip, avvicino la mia mano destra al cazzo. Resto un attimo immobile, incerta se toccarlo oppure ammirarlo soltanto. La sua voce è rotta dall’emozione, mentre mi esorta ad accarezzarglielo.
«Capisco che può stupirti, ma una carezza non gli farebbe proprio male.»
Lo sfioro per un attimo e, quando provo ad avvicinarla, inizialmente, tendo a ritrarla. Però sono affascinata da quella vista e mi lascio guidare dal desiderio: mi ritrovo con il suo arnese nella mano e mi ritrovo a fargli una sega.
«Uuummhhmm… Sì, che dolce che sei! Ti prego continua, non ti fermare!»
Parla e già dal tono della voce, sento che gli piace. Continuo a segarlo; quel cazzo è divenuto duro e nodoso, lungo almeno 25 cm, ma è la circonferenza che mi colpisce: non riesco a chiudere la mano, a congiungere le dita. Mi sento bagnare fra le cosce e lui se ne accorge.
«Sei fantastica! Continua, perché son convinto che, in questo momento, piace anche a te.»
Sono stravolta, ma la cosa mi piace sempre più e, automaticamente mi viene di aprir le gambe e infilarmi la mano dentro le mutandine, iniziando ad accarezzarmi la fica, già bella bagnata e fradicia. Mugolo, mentre mi masturbo e lo sego sempre più forte, e lui mi fa una insolita richiesta.
«Brava, toccati la figa! Scommetto che sei bagnata fradicia! Dai, portami alla bocca la mano bagnata dei tuoi umori. Voglio sentire il tuo sapore!»
Mi sento strana, ma lo assecondo. Sfilo la mano sporca dei miei umori, mi sollevò in piedi e l’avvicino alle sue labbra. Lui apre la bocca e succhia ogni singolo dito, mentre geme di piacere nel leccare tutti i miei umori.
«Che sapore meraviglioso! La tua fica dev’esser un brodo! Una fonte di miele prelibato che mi piacerebbe leccare. Apriti un po’ sul seno, lascia che ti succhi un capezzolo.»
Apro la camicetta, sollevo il reggiseno e gli offro un capezzolo, che lui stringe in bocca: emetto subito un gemito di piacere. Mi invita a rimetter la mano fra le cosce, mentre riprende a succhiarmi il capezzolo. Infilo due dita nella fica, perché sono eccitata da morire, mentre continuo a tenere in mano quella enorme verga, che sembra divenuta ancor più grossa. Ho un orgasmo incredibile e lui continua a mordermi i capezzoli, poi mi chiede ancora di poter leccare le mie dita ed io gliele infilo in bocca. Le lecca e le succhia con avidità, poi mi guarda e mi chiede ciò che avevo già in mente di fare.
«Hai un sapore stupendo: ho l’impressione che tu sei proprio una grande troia, come ho sempre pensato. Dai, prendimelo in bocca!»
Anche se lo desideravo ardentemente, volevo che fosse lui a chiedermelo, anche se non ne capisco il motivo; forse per un’inutile remora?
Apro le labbra sul suo membro. Lo bacio, lecco bene la cappella, poi scendo lungo l’asta. Lo bagno per bene e poi me lo infilo tutto in gola, fino alle palle. Sono sorpresa dalla facilità con cui me lo sono infilato in gola e, anche se avverto dei conati di vomito, li reprimo con forza, perché voglio assaporar per bene il piacere che quella splendida mazza stimola in fondo alla mia gola. Lui geme di piacere, mentre muove lentamente il bacino, spingendolo con calma verso l’altro. Sono movimenti minimi, che gli permettono di mantenere quell’enorme verga ben piantata nella mia gola.
«Meravigliosa, fantastica! Sei veramente una gran succhia cazzi! Nemmeno mia moglie riusciva a prenderlo tutto in bocca, come fai tu! Continua ti prego! Continua che voglio sborrare nella tua bocca, perché solo ora mi rendo conto da quanto tempo l’ho desiderato.»
Sono eccitata anch’io. Mi fa impazzire l’idea di sentirlo gemere fra le mie labbra e di sentirlo fremere dal desiderio di poter riversare nella mia bocca tutto il suo piacere. Lo pompo con vigore, segandolo con entrambe le mani, fin quando lui, gemendo, mi chiede di ingoiare il suo seme.
«Claudia, sto per sborrare! Ti prego, ingoialo! Bevilo tutto!»
Serro le labbra, mentre sento ondate di crema bollente che si riversano nella mia bocca e scivolano giù, direttamente nella mia gola. In quello stesso istante, ho un orgasmo che mugolo a bocca piena, mentre ingoio quella crema, che sembra inesauribile. Alla fine, dopo averne mandato giù dei bei goccioloni, riesco a respirare, leccare e ripulire quell’asta, che però sembra non aver perso di vigore. Lui mi guarda con occhi imploranti, carichi di ammirazione e di profonda devozione.
«Claudia, ti adoro! Sei stata meravigliosa! Mi hai fatto impazzire! Grazie dal profondo del cuore.»
Mi fa cenno di avvicinarmi a lui e, seppur con la mano ingessata, me la appoggia sul corpo e mi attira a sé, con la sua bocca a cercar la mia.
Mi bacia con passione, la sua lingua fruga e scava nella mia bocca, in cerca della mia. Lo guardo un po’ stupita e lui legge ed intuisce il mio pensiero, ne sorride compiaciuto.
«Cosa c’è? Ti stupisce il fatto che ti abbia baciato dopo esserti venuto in bocca? Paolo non fa una cosa del genere? Mi è sempre piaciuto farlo con mia moglie, quando le venivo in bocca e, devo dire che, anche a lei piaceva baciarmi mischiando la sua saliva con la mia sborra.»
Lo guardo un po’ stupita e confermo che Paolo questa cosa non la fa. Gli sistemo lo slip, lo ricopro e corro a riaprire la porta. Si è fatta l’ora di lasciarlo: prendo alcuni suoi indumenti sporchi, con l’intenzione di portarli a casa per lavarli.
Di ritorno a casa, incrocio Paolo ed ho giusto il tempo per un saluto: se ne va al lavoro. Stranamente, prima di uscire, lo bacio in bocca appassionatamente e lui, dopo un attimo di stupore, risponde con passione al mio bacio, anche se mi guarda con espressione stranita. Devo averlo stupito, ma, soprattutto, deve aver sentito nella mia bocca, un sapore diverso dal solito. Avevo proprio voglia di farlo, di condividere con mio marito la sborra che avevo appena ingoiato. Il pomeriggio del giorno dopo, mi son presentata puntuale in ospedale e lui, quando mi ha visto, si è come illuminato. Dopo aver chiuso la porta, gli ho abbassato di nuovo lo slip e, dopo averlo sostituito con uno pulito, ho ripreso in mano quella splendida verga e gli ho fatto un pompino veramente da infarto. Lui non si è accontentato al solo farsi succhiare il cazzo; dopo avermi fatto togliere il reggiseno, mi ha succhiato i seni, facendomi gemere di piacere. Ha succhiato le mie dita impregnate dei miei umori e, poiché indossavo anche oggi una gonna, mi ha chiesto di mettermi in ginocchio sul letto, in modo da poter leccare la mia fica. Son salita sulla sedia e, con una posizione da acrobata, ho posto lo spacco della mia fica da dietro, sulla sua bocca. Ho subito sentito la sua lingua introdursi lungo la fessura e questo mi ha provocato un piacere estremamente intenso.
«Hai un miele al posto del solito nettare! La tua fica andrebbe leccata per ore!»
Sentivo forte il desiderio di avere quella mazza dentro di me e, così, gli ho detto che avrei voluto, prima o poi, sentirlo dentro di me. Lui si è messo a ridere e mi ha promesso che, una volta a casa, avremmo trovato il modo di chiavare “ad abundantiam”. Ormai ero affascinata da quella verga, la volevo dentro di me con tutta me stessa. Anche in quest’occasione, quando son tornata a casa, ho baciato Paolo, che si è intrattenuto a lungo con la sua lingua nella mia bocca. Poi, uscendosene, mi ha guardato e sorriso, aggiungendo che mi amava da morire. Per cinque giorni, si è ripetuto lo stesso copione, poi il vicino è stato dimesso ed è tornato a casa. Il primo giorno che è tornato, nonostante avesse metà del busto ingessato ed una mano parzialmente libera, mi ha fatto sdraiare sul letto e, a gambe aperte, ha preso a leccarmi la fica, facendomi avere due orgasmi incredibilmente forti. Poi, si è sdraiato supino, io gli son salita sopra e, dopo aver afferrato quella grossa mazza, l’ha puntata dritta fra le pieghe della mia ostrica, che schiumava piaceri in continuazione. Con una prima spinta, ne ha fatto scivolar dentro solo una metà. Lo guardo e resto immobile, quasi sospesa sopra di lui, perché sento che mi sta letteralmente squartando la fica. Lui sorride e mi dice di esser paziente, di fare con calma, senza fretta, lasciando che la mia vagina si adegui alle sue dimensioni. Lentamente, lascio che scivoli tutto dentro di me e, quando mi siedo sul suo corpo vedo i suoi occhi brillare di gioia.
«Bravissima! Sei una puttanella stupenda! Te lo sei preso tutto dentro! Dai, adesso muoviti su e giù, che ti faccio impazzire.»
Mi scopa bene ed a lungo, perdo il conto di quante volte ho avuto orgasmi.
Egli, sebbene molto limitato nei movimenti, è molto più resistente di me e, ad un tratto, avverto il desiderio di sentirlo esplodere dentro di me, ma, non essendo protetta, mi sollevo e lo invito a mettermelo nel culo.
Lui mi guarda un po’ stupito.
«Davvero lo vuoi nel culo? Guarda che non sarà una passeggiata?»
Io gli rivolgo un’occhiata da persona decisa e gli ribadisco la mia volontà di averlo nel culo. Mi guarda, poi mi dà un suggerimento.
«Visto che son bloccato, mettiti in ginocchio sul letto con il culetto verso di me, in modo da potertelo almeno leccare.»
Sento la sua lingua giocare fra le mie chiappe aperte ed indugiare molto sulla rosellina. Sento che mi sto rilassando ed i muscoli dello sfintere iniziano ad esser meno tesi. Poi mi indica il cassetto del comodino e, lì dentro, trovo del lubrificante, che lui mi invita a spalmare sul buco e sulla sua grossa verga. Completata l’opera, torno di nuovo a sedermi a cavallo su di lui e, con entrambe le mani, appoggio la punta di quel mostro contro la mia rosetta. Mi muovo quasi ondeggiando e, lentamente, avverto che mi penetra un po’ per volta. Sento parecchio dolore, allora mi alzo leggermente, giusto per ripetere l’operazione d’inserimento. Faccio un profondo respiro e mi siedo completamente sul cazzo, fino a sentirlo tutto nel culo. Mi sento aprire e sfondare il culo. Non sono vergine, perché Paolo, spesso e volentieri, si è divertito ad incularmi, ma il suo cazzo è decisamente molto più piccolo di questo ed ora, invece, mi sembra che, per la prima volta, qualcuno mi stia letteralmente spaccando il culo. Lascio che il mio corpo si abitui a quella ingombrante presenza, poi, prima lentamente, e poi sempre più velocemente, eseguo un movimento delle anche, tipo “danza del ventre”, allo scopo di potermi gustare dentro, l’intera asta. Avverto un piacere nuovo ed intenso e, ogni volta che lo affondo dentro di me, il respiro mi si blocca per qualche istante: mi sembra che mi sia giunto in gola e quella sensazione mi fa venire.
«Bellissimo! Mi stai sfondando il culo, ma è bellissimo!»
Sono proprio una troietta. Una vera puttanella come dice lui, ed ora anche sfondata nel culo! Mi muovo sempre più velocemente ed ora avverto che anche lui è prossimo al piacere. Appoggia entrambe le mani ingessate sulle mie spalle e mi attira a sé baciandomi in bocca.
«Adorabile puttanella, sentilo bene! Mi fai impazzire!»
Mi muovo sempre più velocemente e, quando il mio corpo viene scosso da un ennesimo orgasmo, lui mi blocca in qualche modo e con il cazzone piantato nel culo, viene, schizzandomi getti di liquido caldo. Lo sento inondarmi l’intestino di crema bollente, che mi fa letteralmente impazzire. Sfinita, resto su di lui, mentre sento il suo cazzo perdere consistenza, fino a fuoruscire dal mio culo. Mi tolgo da quella posizione e mi distendo di lato; glielo prendo tutto in bocca, succhiando e ingoiando tutto il caldo brodo che ancora sgorga. Dopo averlo ben ripulito, me ne vado in un bagno per rinfrescarmi e faccio in modo da far uscire dalle mie viscere il seme che continua a colare. Con uno specchio osservo il mio culetto ridotto ad una voragine. Per tutti i giorni della convalescenza, ho continuato ad accudirlo e, mediamente, abbiamo scopato quasi ogni due giorni. Anche Paolo era contento del fatto che io mi prendevo cura di lui e, quando ha tolto il gesso ed aver iniziato la riabilitazione, una sera, lo abbiamo invitato a cena a casa nostra. In quell’occasione, si è fatta avanti una nuova situazione. Volevo esser bella e soprattutto conturbante. Ho indossato una gonna abbastanza corta ed una camicetta, con al di sotto un reggiseno a balconcino che gonfiava le mie tette in maniera da renderle invitanti. Calze nere con la riga, tenute su da uno reggicalze e scarpe con tacco sottile da 10 cm, che mi rendevano quanto mai seducente e intrigante. Durante la cena, Giuseppe non ha avuto occhi che per Lucilla e per me; fra un brindisi e l’altro, i complimenti per entrambi si sono sprecati. Messa a letto la piccola, ci siam ritrovati tutti e tre seduti sul divano e Paolo mi ha abbracciato e stretta a sé.
«Son felice che tu ti stia rimettendo, perché è stato un calvario questo periodo, anche se son convinto che, con l’aiuto di mia moglie, le cose son andate un po’ meglio.»
Giuseppe ci ha rivolto uno sguardo di gratitudine e poi si è avvicinato a noi due. Guardandoci entrambi negli occhi, ci ha ringraziato:
«Siete una coppia stupenda! Tu un marito altruista e generoso e lei una donna veramente impareggiabile. Son felice di esser vostro amico e, per nulla al mondo, vorrei che ci fossero dissapori fra di noi.»
Io li ho guardati ed ho chiesto un po’ incuriosita:
«Perché dovrebbero esserci dissapori fra noi?»
Paolo è rimasto in silenzio, ma Giuseppe no.
«Perché sei una donna stupenda e ti sei dedicata a me anima e corpo. Un altro uomo, al posto di tuo marito, probabilmente, avrebbe mostrato una certa gelosia.»
Paolo ha sorriso, poi mi ha stretto a sé e mi ha dato un bacio; poi, guardando lui, ha iniziato ad accarezzarmi il seno.
«Come potrei esser geloso di una donna così bella? Son perfettamente consapevole che una femmina di questo calibro ha bisogno di più uomini per ritenersi soddisfatta ed appagata. Son convinto che tu sei uno di quelli che mi ha aiutato a renderla felice. Quindi, amico mio, continua ad aiutarmi a farla impazzire.»
Non c’è stato bisogno di aggiungere altro, pochi minuti dopo, ero a cosce aperte sul nostro letto con Giuseppe che mi leccava la fica e mio marito mi infilava il suo cazzo in bocca.
Mi hanno scopato a ripetizione, in tutti modi ed in tutte le posizioni. Hanno inondato i miei buchi con il loro piacere e, un mese dopo, ho scoperto di esser incinta. Naturalmente Paolo ha riconosciuto la creatura, anche se son molto convinta che non sia suo. Il maschio che ho partorito, già fin da piccolo, mostra di esser ben dotato, e questo fatto mi ha ulteriormente convinto che il nascituro sia figlio di Giuseppe, piuttosto che di mio marito.
La nostra amicizia è andata avanti per tanto tempo, senza gelosie né problemi; lui ci ha sempre considerati come sua famiglia e noi l’abbiamo ricompreso come parte integrante della nostra.