Mi chiamo Paolo, ho 27 anni e sono sposato da tre con Silvia. Lei è una donna bellissima. Ha la mia stessa età. Bella, mora, alta, magra, una terza di seno, un culetto a mandolino al culmine di cosce lunghe e snelle. Fra di noi c’è un bel rapporto, ma quello che è capitato giorni fa ha dato una luce nuova a tutta la nostra storia. Io l’amo da morire e voglio sempre la sua felicità. Sta ultimando un master, ma le hanno proposto un colloquio di lavoro. È consapevole che, essendo un posto ben remunerato e di una certa importanza; sa benissimo che sarà dura, ma non vuole perder l’occasione. Farà di tutto per avere quel posto, ne sono convinto. Una sua amica ha già fatto il colloquio e le ha detto che la persona che incontrerà è un uomo molto attraente, sicuro di sé, autoritario, che sa il fatto suo. Mentre me lo dice, ridacchia, come se, sotto sotto, ci sia qualcos’altro. Sono anche convinto che lei non mi abbia detto tutto quello che le aveva riferito l’amica. Fin da subito, ho capito che c’è qualcosa di particolare, perché la vedo che si sta vestendo in modo molto ricercato: lingerie nuova, autoreggenti, tubino nero. Trucco leggero come piace a lei e, mentre lo fa, sorride, mi guarda con i suoi occhi dolci e mi illanguidisce così tanto, che non le rifiuto nulla. Mi sento il cuore in tempesta; sono certo che, per avere il lavoro, è disposta a tutto, anche a tradirmi. Di questo me ne sono convinto durante il tragitto che abbiamo fatto insieme verso l’appuntamento. Mi ha chiesto di accompagnarla in macchina ed io, da bravo maritino, l’ho accompagnata. Lungo il percorso, lei ha continuato a dirmi di quanto sia importante per lei sentirsi realizzata come donna, sotto tutti gli aspetti. Che il nostro amore non è in discussione, ma che ha bisogno di altro: sentirsi realizzata dal punto di vista lavorativo. Desiderava vedersi apprezzata per le sue capacità in quel campo, sentirsi adulata e, a volte, anche se sfruttata, di sentirsi in ogni caso necessaria.
Siamo arrivati, l’appuntamento è nella hall di un hotel a cinque stelle. Dentro di me ho pensato che non avevano badato a spese. La vedo tesa. Si gira verso di me e mi parla con tono alquanto ansioso.
«Senti, facciamo così: se c’è qualcosa che non va, ti chiamo e ti faccio sentire come vanno le cose. Così che tu possa valutare se venirmi in aiuto; ok?»
Sono alquanto indeciso, ma non glielo dimostro e, anzi, cerco di rassicurarla.
«Sta tranquilla! Credo che non ce ne sarà bisogno; ma, nel caso, corro da te! Vai e…in bocca al lupo!»
Appena pronunciato questa frase, mi rendo conto che andrà davvero in bocca ad un lupo, ma sono consapevole che la mia donna ha le palle per gestire la situazione. Sono abituato a vederla sempre sicura di sé e mi fa strano questo suo malumore. La vedo camminare sui suoi tacchi, muovendo le anche mentre entra nell’hotel e penso che mia moglie sia davvero una bella fica. Ho deciso di rimanere lì, in macchina e mi sposto per aver una migliore visione dell’hotel: noto che alcune camere hanno la luce accesa, altre sono al buio. Sono completamente all’oscuro su cosa stia succedendo lì dentro!
Augusto.
Mi chiamo Augusto, 55 anni, top manager di un importante gruppo finanziario. Sono un bell’uomo, alto oltre la media, capelli brizzolati, occhi scuri, dall’aspetto imponete, massiccio, duro. Sono alla ricerca di una nuova collaboratrice, da quando, un mese fa, un facoltoso cliente mi ha portato via Elena, la mia più fidata e preziosa collaboratrice. Il tizio se ne è invaghito e l’ha veramente comperata a suon di soldoni, che lei non ha rifiutato. Ora ne sto selezionando altre, ma fino a questo momento ho solo conosciuto delle puttanelle senza palle, mentre a me serve una davvero motivata, capace, sveglia, ma, soprattutto troia! Sì mi serve troia e scaltra, perché nel nostro lavoro la scaltrezza e la spregiudicatezza, anche nel saper aprire le cosce è fondamentale, in quanto il settore finanziario è un mondo di squali, senza scrupoli. Ora sto aspettando quest’ultima candidata. La vedo camminare nell’androne e avvicinarsi alla reception per chiedere informazioni. Io son seduto su una delle poltrone lì vicino. Bella mora, alta, magra, una terza di seno e un tubino nero che rileva le curve giuste del suo corpo. L’addetto alla reception le fa un cenno verso di me; lei gira la testa e mi sorride. Mi alzo e le vado incontro.
«Piacere, sono Silvia.»
Stretta di mano come da prassi.
«Piacere, sono Augusto. Le posso offrire un drink o un caffe?»
La invito al bar per bere qualcosa e parlare di lavoro.
Lei accetta ben volentieri. Durante il nostro aperitivo, le spiego quali dovrebbero essere le sue mansioni.
«Il suo incarico, all’inizio, è lavorare dietro una scrivania per fare lo screening dei potenziali clienti e segnalarli a me; poi raccogliere tutte le informazioni possibili su di essi, per infine contattarli, affinché investa nelle azioni che noi gli proponiamo. Certo, all’inizio, non le sarà facile, ma se vuole il posto ed il relativo stipendio, molto lauto, ce la deve metter tutta.»
Lei continua a dirmi che sta ultimando gli studi, ma vorrebbe iniziare a lavorare, anche per raccogliere maggior autostima per sé stessa.
«Certo che sono disposta ad impegnarmi fin da subito, anche se sto terminando gli studi, ma voglio lavorare per sentirmi utile ed impegnata al massimo.»
Mentre l’ascolto, le guardo le labbra e già sogno il momento in cui le vedrò strette attorno al mio cazzo. Non ci posso far niente. Quando trovo una donna così, la mia fantasia galoppa. Lei si accorge che c’è qualcosa che non va e mi chiede se va tutto bene.
«Scusi, ci sono problemi? Va tutto bene?»
Io mi scuso e le dico di continuare, sorridendo. Proseguiamo la nostra piacevole conversazione, nella quale spaziamo dal lavoro alla vita privata. Scopro che è sposata non solo dall’anello al dito, ma anche dalle sue parole.
«Ho notato la fede al dito, è sposata da molto tempo? Ha figli?»
Lei sorride e mi ribadisce che è sposata da tre anni e mi fa di capire che il suo rapporto, almeno fino a questo momento, non sarà un pericolo per la sua carriera. Le dico che, per far carriera, una donna deve saperci fare e deve esser molto disponibile.
«Certo, nel nostro ambiente, una donna che vuol far carriera, deve esser sempre disponibile e far sì che il cliente, con ogni mezzo, si convinca ad investire con noi.»
Lei lo sa benissimo e mi dice che ne aveva giusto parlato con una sua amica, cui avevo fatto il colloquio la settimana prima. Mentalmente penso a “chi sarà?” lei mi dice il nome.
«La mia amica Federica mi ha parlato molto bene di lei.»
Nel sentire il nome ripenso alla splendida serata passata con la sua amica biondina. Anche con lei ho consumato un aperitivo e poi il clima si è riscaldato, finendo in camera mia, dove ci siamo lasciati andare ai piaceri della carne. Una biondina con occhi da cerbiatta, che mai avrei pensato si sarebbe trasformata in una vera troia, a letto. Pompino, figa e culo, non si è fatta mancare niente, l’amichetta. Mi fingo preoccupato.
«Oh, mio Dio, chissà cosa le avrà raccontato la sua amica!?»
Lei mi guarda e ride divertita.
«Mi ha raccontato tutto, ma non si preoccupi; capisco perfettamente la mia amica: lei è un bell’uomo e, poi, dopo un bicchiere, lei si lascia andare, abbandonando completamente ogni freno inibitore.»
La osservo continuando a fingermi stupito.
«Ah no? A me sembrava capisse molto bene la sua amica biondina e non mi è sembrata che cadesse dalle nuvole!»
Ci facciamo una risata e la nostra chiacchierata prosegue mentre vengo compiaciuto da notevoli accavallamenti di gambe, che le fanno risalire il tubino sulle cosce; le risate in libertà si susseguono con movimenti più disinvolti da parte sua verso di me, che comportano una maggiore vista del suo fantastico decolté. Sembra ubriaca, ma sa perfettamente cosa fare, sa che, per avere il posto, dovrà esser più brava della sua amica.
Paolo.
Sono in macchina da un’ora e mezza. Continuo a controllare il cellulare, che non suona. Da una parte son contento, mentre dall’altra sono un po’ preoccupato, perché mi vengono in mente i suoi occhi ed il suo sorriso, mentre si vestiva; quel sorriso che era tutto un programma su cosa volesse far intendere riguardo alla sua determinazione.
Augusto.
Siamo ancora seduti al bar. Lei inizia a farmi domande molto personali, a cui rispondo tranquillamente. Parliamo delle ferie e di come lei sia riuscita a non farsi marcare il corpo da alcun segno: sbarazzina, mi mostra la spalla nuda. Le piace la libertà, ma le piace anche il controllo. Mi appoggia una mano sul ginocchio, mentre mi parla, e il calore della sua mano si espande lungo la mia coscia, entrando nei miei boxer e facendomi avere un’erezione. Ancora le guardo le labbra e ancora le immagino strette attorno alla mia cappella.
«Ops, scusami! Non volevo…»
Finge di esser stata invadente, passando perentoriamente al tu e, sorridendo, guarda prima me, negli occhi, e poi la mia patta. I miei pantaloni non nascondono la mia sensazione di calore e si intravede perfettamente la mia eccitazione. Mi scuso e lei sorride maliziosamente: sa benissimo di esser riuscita nel suo intento. È consapevole che io la desidero ed anche lei, a questo punto, desidera me.
Passato l’attimo di imbarazzo e confusione, parliamo ancora un po’ di lavoro e, tra le varie cose, le dico che visto che mi sembra molto sveglia, vorrei, se ha ancora un attimo di tempo, che guardasse delle carte nella mia camera.
Silvia.
Ho subito intuito che mi vuole portare in camera per scopare e, per vero, sono disposta anche a questo. Devo solo far capire a mio marito, che sono decisa. Guardo l’orologio e gli assicuro che non c’è nessun problema. E qui mi scatta l’idea: ho sempre voluto coinvolgere mio marito in queste mie fantasie. Mi è sempre piaciuto trasmettergli la sensazione di poter esser fatto “cornuto”. Fargli capire come vorrei esser trattata a letto, usata, goduta e trattata da puttana, mentre lui mi scopa con tutta la tenerezza possibile, quasi a temere di farmi male, mentre io voglio sentirmi “troia”. Mi alzo dal divano tenendo la mano nella borsetta e, così, faccio partire una chiamata, mentre ci dirigiamo verso l’ascensore.
Paolo.
Sento il cellulare che suona, vedo la sua foto fatta al mare. Rispondo e sento dei rumori, poi sento un campanello e la sua voce, che, parlando mi informa; ascolto in religioso silenzio.
«Lei mi dice che il posto potrebbe esser mio se riuscissi a farle capire quanto ci tengo? Da come sono determinata ad adattarmi ad ogni situazione?»
Impallidisco. Mi rendo conto che sono nell’ascensore.
Silvia.
Continuo a tenere aperta la comunicazione con mio marito, che non sa che, io, in ascensore ho allungato le mani sulla patta di lui e gli ho palpato il cazzo, che si è indurito di colpo al solo tocco. Lui non è sorpreso e risponde alla mia domanda, che sicuramente farà impazzire mio marito che ci ascolta.
«Con questa sua constatazione, son sicuro che, se la mette così, le probabilità che il posto sia suo direi sono notevoli. Certo dovresti mostrare di esser molto brava!»
Lui sente chiaramente la sua voce e capisce che deve esser successo qualcosa.
Paolo.
Sento il rumore delle porte dell’ascensore che si aprono, sento i passi nel corridoio. Una porta che si apre. Altri passi. La porta si chiude, ascolto.
Augusto
Entrati in camera le nostre lingue si avvinghiano. Lei mi toglie la giacca in fretta. Io mi sfilo le scarpe e le abbasso il tubino, scoprendole il seno perfetto. Le bacio i capezzoli turgidi, mentre lei mi slaccia la cintura e mi apre i pantaloni. Le sue mani vogliose corrono sui miei boxer, abbassandoli. Si china, solleva lo sguardo, compiaciuta nel trovarsi davanti la mia verga grossa e dura, di ottime dimensioni, inizia un pompino spettacolare. Le prendo la testa tra le mani, lei alza gli occhi verso di me e mi guarda, mentre me lo succhia impugnandolo per bene. Finalmente le sue labbra sulla mia cappella! Mi complimento con lei.
«Bravissima signorina, ecco l’esame orale cui volevo si sottoponesse! Brava, continui a usare la lingua su ogni argomento!»
Paolo
Ecco le parole che ho sentito; sono rabbrividito all’idea che lei lo stia facendo. In cuor mio sapevo che sarebbe successo. Ho sempre saputo che, con una donna come lei, le corna erano da tener in conto, mi stupisce solo che siano arrivate così in ritardo. Sento i suoi gemiti di piacere, non so cosa fare. Sono certo che lei ha tutto sotto controllo e la cosa mi eccita. L’idea che lei sia in una camera a scoparsi uno sconosciuto, mi fa eccitare. Il mio cazzo si indurisce nei jeans, mentre ascolto, e ci passo la mano sopra.
Augusto.
Mi godo la pompa e la incito a continuare.
«Continua a succhiare, non ti fermare! Succhiami bene, che poi ti faccio io un bel servizio!»
Le parlo mentre mi siedo comodamente sul letto.
Lei rimane solo con gli slip, inginocchiata davanti a me, che ormai sono nudo. Poi si alza e mi appoggia il seno sul cazzo duro, iniziando una favolosa spagnola, guardandomi negli occhi. Mi piace, ma io voglio di più e anche lei. Mi alzo, baciandola e le tolgo gli slip; la sbatto sul letto, le apro le gambe e inizio con dita e lingua a prendermi cura della sua passerina rasata e ridotta ad un lago. Non bado al fatto che, mentre ho la testa tra le sue gambe, lei prende la sua borsetta, ansimando.
Silvia.
Adesso è giunto il momento di far capire a mio marito che indietro non si torna: o mi accetta così o lo lascio. Controllo il cellulare; è ancora acceso. Attacco la chiamata. Poi di nuovo un’altra chiamata: una video chiamata. Lo lascio in una modalità che lui possa avere una buona visuale.
Paolo
“tu…tu…tu…” caduta la linea? Improvvisamente non sento più nulla. Mi sto chiedendo cosa sia successo, quando ecco di nuovo una chiamata: una video chiamata. Rispondo e resto a guardare in silenzio. Vedo la testa di un uomo tra le gambe di mia moglie, poi il cellulare si gira e vedo il suo viso, mi fa segno di far silenzio e vedo dai suoi occhi che la cosa le piace molto. Appoggia il cellulare sul comodino e riesco perfettamente a vedere la scena. Non ce la faccio più: sono troppo eccitato, apro la zip, abbasso boxer e me lo tiro fuori, segandomi.
Augusto.
Le parlo e lei ansima e geme.
«Ti piace così, vero? Ne vuoi ancora?»
Non mi risponde, ma le sue mani sono sulla mia testa e spingono verso la sua ostrica umida. Le mi dita si alternano tra quella fessura ed il suo culetto, mentre la lingua non dà tregua al clitoride. Poi la faccio girare a pecorina e continuo a leccare. Mi alzo in piedi e la penetro. Lei ansima di piacere.
«ooh…sì! Finalmente…. un bel cazzo duro dentro di me!»
La domino.
«Zitta! Una troia deve solo ansimare! Devi farmi sentire come ti piace il cazzo del capo, perché non sarà né la prima né l’ultima volta che lo prenderai così!»
Miagola come una gatta in calore.
«Sì, mi piace! Mi piace molto! lo sento molto grosso che mi apre e mi dilata tutta! Dai, dammelo ancora a fondo!»
Paolo.
Sono queste le parole che escono dalla bocca di mia moglie. La vedo perfettamente che si tocca i capelli, mentre quell’uomo la sta prendendo da dietro. Vedo perfettamente il suo viso e i suoi occhi e continuo a segarmi, pensando a quanto lui sia più maschio di me. Mi sento umiliato, ma anche felice di aver una moglie così bella e puttana. Guardo in silenzio e mi sego al loro ritmo.
Augusto.
Mentre la scopo a pecorina, lei inarca la schiena, si alza, gira la testa verso di me e ci baciamo.
«Vieni, dai, fammi sentire il tuo calore dentro.»
Le sorrido e scuoto il capo.
«Non voglio venir subito e dentro. Ti voglio godere ancora e poi voglio anche il tuo culetto.»
Lei gode al solo sentirmi dire queste cose.
«Sì, dai, sfondami anche il culo! Lo voglio anche lì. Voglio sentirlo tutto dentro! Dai, fammi sentire che sei un vero toro da monta!»
Sentirmi dire che lo vuole nel culo e che la sodomizzi, che le faccia sentire chi comanda, mi eccita di più e allora non mi faccio pregare due volte. La faccio abbassare, inumidisco con la saliva il suo buchino e, piano piano, le spingo dentro la mia cappella.
«Sì, dai, ma fa piano, che me lo spacchi! Però dai, che mi piace! Sfondami il culo!»
Urla di piacere. Il buchino è stretto, ma una volta entrato, riesco agilmente a spingere con più facilità fino in fondo. La sfondo e la monto come un toro scatenato. Lei allunga le mani e si tocca il clitoride, mentre le affondo il cazzo nello sfintere. Gode e urla di piacere.
«Vengo! Mi fai godere, porco, vengo!»
La sento urlare di puro piacere. Sento che il suo respiro si fa sempre più affannoso e poi viene. La sento godere di piacere. Mi sfilo dal culetto, la faccio girare e glielo infilo dritto in bocca; lei lo accoglie tutto. Ha l’aria stanca, ma lo vuole: vuole la mia crema! Si aiuta con le mani e continua la splendida pompa che aveva iniziato entrando in camera. Le vengo con un fiotto di sborra che le finisce in faccia e in bocca. Lo raccoglie con le dita e lo assapora tra le labbra, poi lo ingoia, come una vera troia. Sono soddisfatto, ma sono sfinito. Ho deciso che la ragazza ci sa fare molto più della sua amichetta, ma forse le prenderò entrambe per avere delle alternative.
Paolo.
Vedo lo schizzo di sborra che entra perfettamente nella bocca di mia moglie e il mio schizzo che finisce sul cruscotto. Son venuto con lui, ma non c’è mia moglie a ripulirmi: lei sta ripulendo un altro.
Augusto.
Siamo ancora distesi sul letto. Sono soddisfatto, mi è piaciuta, mi giro verso di lei e, sorridendo, le comunico la mia decisione.
«Ottimo esame! Direi che ci rivedremo presto, signora, perché la prova è ampiamente superata!»
Mi fa un sorriso compiaciuto e mi conferma quello che volevo sentirmi dire.
«Ne sono molto contenta e vedrà che, insieme, miglioreremo sempre più. So esser molto brava ad apprendere e mi voglio impegnare per fare in modo che lei sia molto fiero di me! Voglio esser la sua miglior collaboratrice!»
Le do un bacio sulla fronte e le dico che la camera è a sua disposizione. Prendo i miei vestiti e mi trasferisco attraverso una porta nella stanza accanto, a farmi una doccia.
Paolo.
Appena si chiude la porta, lei prende il telefono e mi parla.
«Sei ancora lì?»
Sentire la sua voce ancora rotta dal piacere, mi emoziona. Balbettando le rispondo.
«… sì… sono ancora qui… ma… ma… io…»
Devo riconoscere che è stata dura, ma lei mi sprona.
«Ma, cosa? Dai, non fare lo stronzo! Anzi, vieni su che ti aspetto: terzo piano, stanza 311»
Esco di corsa dalla macchina e entro; passo velocemente davanti alla reception e salgo al terzo piano, stanza 311, non busso neanche ed entro; la vedo ancora distesa sul letto, che si sta toccando.
«Avvicinati, dai, vieni qui. Ti è piaciuto, vero?»
Sono sconvolto, ma tanto eccitato; lei vede che i miei jeans sono schizzati.
«Ti sei segato, vero? Ti è piaciuto esser diventato cornuto? Dimmelo?»
«Sì. Mi è piaciuto molto e son felice per te che hai trovato un vero toro da monta, che ti farà godere più di me!»
Lei sorride un po’ ironica, apre le braccia e mi invita fra di esse.
«Allora adesso vieni qui e baciami!»
L’abbraccio e la bacio in bocca e, facendolo, mi accorgo che la sua bocca ha un gusto strano: che stupido, è il gusto dello sperma dell’altro; un sapore a me sconosciuto, al quale mi dovrò abituare presto. Lei si apre e si offre a me.
«Bravo, cornuto, ora leccamela, perché voglio godere anche con te!»
Mi chino fra le sue cosce. La vedo ancora ben dilatata, a conferma del fatto che, da quanto ho visto, il toro lo ha bello grosso e la lecco come mai avevo fatto prima. Lei gode di piacere, mi tiene le mani sul capo e mi accarezza la testa; avverto la sensazione che mi stia lucidando le corna appena spuntate, ma che, col tempo, diventeranno sempre più forti ed abbondanti.