Antefatto. Ofelia è una bella ragazza da poco sposata con Mimmo, un giovane bravissimo che lavora in un’Agenzia Immobiliare. Da piccola Ofelia ha subito le attenzioni di Sam, il fidanzato della sorella. Tra i due nacque un gioco perverso fatti di sesso, sottomissione e punizioni. Nonostante il dolore e le umiliazioni, queste esperienze hanno segnato la donna, che da adulta, dopo il matrimonio, sente risvegliarsi la sua sete di libidine. Un gioco di chat spinte la porterà proprio tra le braccia fameliche del capo di Mimmo, Gino, adulto e volitivo, desideroso di sfogare le frustrazioni di un matrimonio fallito sulle carni di Ofelia. I due s’incontrano in un albergo a ore… Mimmo sa, e subisce a sua volta il doloroso tradimento.
Se ti piacciono le descrizioni mozzafiato; indagare le emozioni più violente dei protagonisti; conoscere le azioni più esecrande che si compiranno in quella camera d’albergo… allora continua a leggere, saprai cosa è capace di subire Ofelia, tra dolore e piacere, quanto è disposto a soffrire il suo giovane marito per vederla felice e assisterai allo sfogo terribile di Gino, esacerbato dalle voglie perverse e dalle sue frustrazioni.
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Gino, adesso, era davvero infoiato e la carne tenera della sua vittima appetitosa lo attraeva da impazzire. Voleva un immediato contatto fisico, con quella vulva delicata e gonfia; sentire tra le mani le due chiappe sode, esplorare i suoi anfratti misteriosi, nascosti tra le pieghe deliziose del suo corpo, reso leggermente sovrappeso dalla incipiente maternità. La pancia di Ofelia, infatti, era tesa e prorompeva, esposta fino all’ombelico: la gonna era arrivata su, la ragazza l’aveva sollevata lentamente. Ora si presentava nuda e attraente, in tutto il suo osceno candore.
Gino, prima di tutto, la volle assaggiare:
«Brava, ragazza, ora appoggiati con i gomiti al comò,» disse eccitato «stai attenta, fa in modo che la gonna non scenda, devo leccarti per sentire il tuo sapore intimo.» Ofelia trasalì, era eccitante sentirsi dare degli ordini con tanta confidenza; Gino la trattava già come fosse una cosa sua, e lei, come tanti anni prima, godeva follemente della sua incapacità a dire di no… E adesso era in una situazione ancora peggiore, avrebbe dovuto solo vergognarsi: il suo essere domata e imbelle, non era più giustificabile come un gioco giovanile. Lei era moglie, tra poco madre del figlio del suo amato Mimmo e, nonostante questo, puttaneggiava, peggio, si faceva tiranneggiare dal boss di suo marito. Decisamente una situazione mortificante; una di quelle scene descritte dalla più becera fantasia dei peggiori registi di filmetti pornografici. Essere così, tremendamente remissiva e completamente porca, le faceva fischiare le orecchie per la pressione, lo sentiva nelle tempie.
Obbedì senza fiatare. Cercò di bloccare il gonnellino, aiutandosi con l’elastico del reggipetto… Gino seguì l’operazione, senza fretta. Tanto il marito di quella donna era lontano, prono, come e peggio di lei. In realtà li teneva “sotto” entrambi in quei momenti passati con la donna…
«Fa uscire le tette dal di sopra della maglietta, devo vedere pure quelle!» Ofelia ebbe un attimo di indecisione, voleva capire bene gli ordini di Gino, per offrirgli l’emozione di essere una schiava perfetta.
L’abbigliamento che Gino aveva voluto era molto stretto e le sue zinne, con la gravidanza, erano diventate enormi. Arrancò con le dita, finché non riuscì a tirarle fuori, una dopo l’altra, dalla scollatura. Secondo lei non erano un gran bello spettacolo, costrette in tanto poco spazio, i due capezzoloni quasi si toccavano, e Ofelia si sentì un po’ strana ma non ebbe il coraggio di lamentarsi. Se avesse almeno potuto sbloccare il reggiseno… ma le serviva per tenere fede all’altro ordine del Padrone: bloccare la gonna, in alto.
Gino la seguiva con la luce della lampada, per non perdersi nessun particolare. Era vestito ancora, ma la sua verga teneva teso il pantalone classico. Ofelia si rivide, nello specchio lontano, e si trovò oscena, ai limiti del ridicolo. Meglio!
La sua infedeltà meritava tanta umiliazione; il fatto che suo marito sapesse perfettamente quanto porca e puttana fosse, era ancor più debilitante per la sua dignità, rispetto a un semplice, classico, tradimento tenuto segreto.
Ma a Gino quello spettacolo triviale e senza sentimenti piaceva. La guardava pieno di libidine: era talmente appetitosa che non sapeva come iniziare a godersela.
Ofelia era pronta da qualche minuto, lui s’inginocchiò dietro alle terga e iniziò ad annusarle le parti intime, di dietro e davanti. «Divarica le cosce» ordinò. Ofelia era calda e umidiccia, sia tra le natiche che sulle labbra della vulva. La pelle delicata era ancora leggermente irritata dalla depilazione totale; Ofelia l’aveva appena fatta, come le aveva ordinato Gino, in chat, pochi giorni prima.
Il Padrone indurì la lunga lingua e le penetrò l’ano, dovette premere, perchè la sua giovane vittima non era mai stata inculata, prima. Con Sam, il suo vecchio padrone, non c’era mai stata l’opportunità per un rapporto così complicato e Mimmo, suo marito, non ci aveva mai neppure provato.
Gino leccava e succhiava, soprattutto le grandi labbra, gliele faceva vibrare con la bocca, facendo sì che quel tremore intimo si espandesse attraverso la sua schiena e i suoi nervi. Ogni tanto, a mano aperta, le somministrava dei sonori ceffoni sul sedere, tanto che dopo circa dieci minuti di trattamento le due chiappe erano di fuoco, ma Ofelia non emise un lamento. Ricordava gli schiaffi di Sam e ripensava a quanto li avesse solo immaginati, per tanto tempo.
Capì che Gino la desiderava a ogni momento di più; ora, passato l’effetto sorpresa, il maschio era più che deciso ad approfittare della sua giovane vittima. Non aveva fretta, non fremeva, non pensava assolutamente a cercare una copula, per esprimersi in un orgasmo veloce… Gino voleva molto, voleva tutto!
Per riposare il culetto, le ordino di sedersi sulle sue gambe, ma poi le ordinò di distendersi, cercando di tenersi con le mani al comodino, così piegata all’indietro, la sua vulva depilata a mo’ di adolescente, era esposta e gonfia, sotto la pancia pronunciata.
Gino la colpì forte, con uno schiaffo cattivo, in pieno pube. Il dolore inaspettato le esplose dentro, facendole torcere le budella. Non se l’aspettava, non era mai stata colpita lì. Ma l’uomo picchiò ancora, indifferente ai suoi mugolii di dolore; quelle botte le fecero un effetto tremendo, perse controllo sui muscoli e le venne voglia di evacuare, e si trattenne a stento, ma non trattenne un pochino di pipì: le scappò e bagnò i pantaloni di Gino, che invece di prendere provvedimenti, continuò a percuotere la sua vagina metodicamente.
Quando smise, lasciò che Ofelia scivolasse per terra, indifferente. Lei restò immobile, si bagnò il fianco sulle gocce di orina che giacevano sul pavimento; le tempie pulsavano, e le lacrime le scendevano dagli occhi, senza controllo.
Dopo una decina di minuti, Gino venne fuori dal bagno: adesso era nudo e con l’asta eretta.
«Alzati e levati tutto» ordinò, e le lanciò un asciugamani pulito. Ofelia ascoltò il suo comando; si era abbastanza ripresa e le era tornata la “foja” di obbedire ciecamente al suo aguzzino.
Da una busta anonima, Gino tirò fuori una bacchetta di bambù e una piccola frusta, era chiaro che avevano solo iniziato.
Ofelia chiese di andare nel bagno, Gino acconsentì ma forse sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto…
Appena la poveretta, seduta sul water, iniziò a liberarsi, entrò in bagno e, piazzato davanti a lei, le mise il pene in bocca. Non pretese granché, ma la ragazza sudava freddo dalla vergogna, mentre eseguiva tutte le umilianti operazioni, che avrebbe dovuto fare in solitudine e privacy. Ma, l’uomo, indifferente non mollava, glielo tenne pressato in bocca, sempre, anche quando passò dalla tazza al bidet, quando si asciugò… lo tolse solo per permetterle di tornare, tutta nuda, in camera da letto.
Lì, le fece subito sperimentare una nuova e dolorosa punizione: Ofelia era sul letto, sulla schiena, Predator, invece, in piedi, le teneva con la sinistra i piedini in alto, affinché le gambe rimanessero tese. Tra le mani la bacchetta flessibile, pronta a colpire in punti inaspettati: infatti la “beccò” per trenta volte, davanti e dietro le ginocchia. Un dolore tremendo, penetrante. La ragazza non gridava ma soffiava dal naso o gonfiava le gote, prima di sbuffare fuori tutto il male.
Gino, arrapato dalla situazione, dalla bellezza e dalla condiscendenza di Ofelia, perse del tutto la testa. Per prima cosa ripeté quei gesti che lei, come “Ragazza Manga”, gli aveva confessato. La obbligò a mettersi sulle sue gambe e la sculacciò, fino a farle il culo rosso.
Poi, mentre riposava le braccia, aprì la borsa e tirò fuori un frustino, un fallo e del lubrificante gel. Ordinò a Ofelia di prendere posizione, piegata a novanta gradi. Con le calze la legò per i piedi a una sedia e si preparò; le confermò che le avrebbe somministrato cinquanta nerbate. La ragazza, chiamandolo Padrone, lo pregò di permetterle di telefonare a Mimmo: voleva che anche lui sapesse del dolore che, lui stesso, l’aveva messa in condizione di subire.
«Amore, non dire nulla, ascolta solamente…
Non hai saputo proteggermi, e sono già piena di lividi… tu non hai saputo proteggermi: Gino è terribile, sai? Mi ha quasi spezzato le ginocchia; ha appena finito di sculacciarmi di santa ragione. Oh, lui fa queste cose in maniera così offensiva, tesoro. Sta sempre col pene esposto, senza provare nessun riserbo: mi ha del tutto svergognata. Adesso sono in mezzo alla stanza e tutte le luci sono accese, vuole vedermi bene, ha detto.
Ahi! Che male, mi ha colpito col frustino, è la prima e lui vuole che le conti. Ne devo prendere cinquanta, capisci? e sono tua moglie. Ahi! Due… peggio della prima.»
Il racconto in diretta di Ofelia continuò, anche quando, invasa dal dolore non riusciva più a parlare correttamente; a stento si capivano i numeri del conto, tra i singhiozzi. Si susseguivano inesorabili, sconnessi e fuori tempo. Dal telefono si sentiva perfettamente: i balbettii di Ofelia arrivavano puntuali poco dopo il freddo schiocco del colpo di frusta.
«Che male, tesoro, e che vergogna, mi vedo allo specchio,» biascicò alla fine. «Ho il culo pieno di strisce, stanno diventando bluastre… quando torno da te le faccio vedere: le ho prese tutte.» fece una lunga pausa, c’era silenzio nella stanza, si sentiva solo il suono trattenuto del suo piangere sommesso.
«Sono felice di averti al telefono, mi aiuta a sopportare. Gino mi sta aprendo le gambe, credo che, tra poco… oh si, amore mio…» dopo un secondo di silenzio, lei urlò, e il marito, sulle spine, si sentì impotente e stupido, ebbe una paura folle che alla sua donna potesse accadere qualcosa di grave, ma lei continuò, dopo pochi momenti di smarrimento. Per Mimmo era tutto nuovo, doloroso e incredibile; non aveva mai conosciuto quel mondo strano, quegli equilibri instabili, tipici, del vero sadomasochismo. Eppure, non scattava, riusciva a intuire la potenza della libidine che stava attraversando la sessualità della giovane moglie. Ne era coinvolto… invece di odiare Gino, si sentiva attratto da lui, contagiato dal mellifluo monologo di Ofelia, che raccontava tutto, adorandolo e temendolo, come un padre-padrone.
«Si era lubrificato il pene e adesso è già dentro.» mugolo addolorata «E’ entrato direttamente dietro. Cazzo!
Oh, Mimmo, non immagini cosa ho sentito… e adesso: ah, come mi fa! Mi sbatte; mi offende: mi tira verso il bacino con le mani, dai fianchi. Adesso mi tiene per la pancia… mi fotte dentro il culo, siiii!
Posso venire, gioia? Anche lui sta venendo… sì, senza protezione… non serve. Ah… Mimmo mio, quanta me ne sta dando!»
Mimmo, dall’altro capo, incredulo e folle, adesso piange, ma non senza masturbarsi il membro, diventare grande, che sbucava dallo spacco dei boxer.
Per la prima volta in vita sua, emise lo sperma insieme alle lacrime.